domenica 28 maggio 2017

Il Grande Marinaio


Non in tutti in racconti di mare ci deve essere necessariamente la vela, ne ”Il Grande Marinaio” di Cahterin Poulain, si possono ritrovare l’amore per il mare, non quello azzurro ceruleo del Mediterraneo o dei Tropici, ma quello corrusco e a volte gelido del nord, una grande sete di libertà e d’avventura, e “en passent”, anche l’amore tutto umano. che però mai potrà contrastare del tutto e far venir meno quello per i primi due.
Una storia autobiografica di una giovane straordinaria donna, instancabile viaggiatrice, graziosa, piccola e minuta, ma dotata di un incredibile forza sia fisica che morale, che per un lungo periodo della sua vita si è imbarcata sui pescherecci dell’isola di Kodiak in Alaska condividendo una dura vita cameratesca con uomini avvezzi a ogni fatica, a sbronze colossali e a dirompenti appetiti sessuali a cui Lili, la protagonista, sa benissimo dire di no.
Il romanzo, scritto, a partire dai propri appunti, dopo che Chaterin fu espulsa nel 2003 dagli “States” per immigrazione illegale; narra con uno stile diretto, asciutto e forte i momenti salienti della sua avventura come pescatrice nell’oceano del nord. Durante la lettura sono stato letteralmente trasportato in burrasche con grigie onde di oltre dieci metri, mentre si doveva continuare a lavorare su un ponte instabile reso sdrucciolevole dalle onde e da sangue delle prede eviscerate; ho sorbito scipiti caffe nei turni di guardia protetto dalla timoneria, alla luce incerta di un vecchio radar a tubo catodico: assaporato l’odore e il senso della fatica in un angusto quadrato col pavimento invaso da cerate puzzolenti di pesce; goduto il piacere dell’arrivo in un protetto porto e l’accoglienza di un fumoso pub affollato da marinai e vecchi indiani alcolizzati. Ho seguito Lili nel suo unico breve amore con il “Grande marinaio” assaporando la dolcezza di un caldo rapporto umano, ma con la consapevolezza che neppure l’amore più coinvolgente avrebbe potuto ingabbiare il suo spirito libero.


martedì 16 maggio 2017

Gérard Borg, un navigatore delle origini


Gérard Borg è poco conosciuto dalla gran parte del pubblico di appassionati di nautica e di viaggi per mare, ma ritengo sia un personaggio importante che può ben reggere il confronto con altri più blasonati navigatori delle origini del viaggio a vela per diporto.
La sua importanza sta tutta nell'apparente semplicità ; un uomo comune, una sorta d'anti eroe della nautica, che però in un epoca ancora non invasa dalle gesta di Moitessier - i loro percorsi che forse mai neppure s'incrociarono, presero le mosse nella medesima periodo - fece una scelta di vita da vero precursore partendo alla chetichella senza grandi dichiarazioni d'intenti o lanciando roboanti proclami.
La storia dei suoi viaggi ci è giunta tramite un libro da lui scritto “Les Tetragonautes” edizione Calmann-Lévy del 1967, ne fu fatta anche un edizione tradotta in italiano, purtroppo ormai introvabile.
Gérard Borg, a dispetto del nome non era nordico, ma francese, nei primi anni '50 si trovava a Rio de Janeiro dove esercitava la professione di medico-ipnotizzatore, e aveva una numerosa clientela che trovava grande beneficio sia fisico che psicologico dai suoi trattamenti.
Nonostante avesse una buona vita in un paese di certo piacevole e accogliente, la sua professione lo soddisfaceva sempre di meno; i pazienti erano spesso vacui e petulanti, una ricca coppia arrivò perfino a chiedergli d’ipnotizzare il loro piccolo cagnolino per liberarlo dai paurosi incubi notturni che lo affliggevano!

Fu questa forse la famosa “goccia che fa traboccare il vaso”.
Gérard, che da bambino povero s’era ripromesso di divenire ricco, scopri presto che con la sua professione, forse avrebbe anche potuto diventarlo, ma di certo non sarebbe stato ne felice e ne libero; considerò allora che era preferibile essere ricchi di tempo e di libertà, piuttosto che di denaro, e decise di “mollare tutto” e cambiare vita.
Nella baia di Rio de Janeiro scovò Ina, un autentico Colin Archer costruito in Norvegia nel 1930, senza esitazioni acquistò la solida e anziana barca, e totalmente privo, sia d'esperienza come velista sia di conoscenze dell'arte della navigazione; nella primavera del 1955 partii iniziando un vagabondaggio per mare senza una precisa meta, da solo, o con occasionali compagni d’avventura.
Ben presto in uno dei suoi viaggi incontrò Yamashiro, una piccola e apparentemente delicata geisha che diverrà la sua compagna di vita e di navigazione.
La coppia si stabili a vivere stabilmente su Ina. Dopo l' Atlantico viaggiarono pigramente per tutto il Mediterraneo, alternando alla navigazione periodi in cui stavano più fermi e Gérard rimpinguava la cassa di bordo con la sua professione di medico-ipnotizzatore (un volta riuscii perfino a fare un operazione chirurgica su un paziente privo d'anestesia e solo ipnotizzato), segui il Mar Rosso, l'indiano e quindi il Pacifico.

Un vero viaggio all'insegna della lentezza e del desiderio d'assaporare e capire fino in fondo i porti toccati e le amicizie incontrate, Gérard amava definirsi il viaggiatore per mare più lento della storia; difficile fare un paragone, ma quantomeno ho il sospetto di potergli contendere questa palma!
Nel suo libro raccontacon acuto spirito d'osservazione, gli aneddoti di viaggio e gli inevitabili momenti di tensione in navigazione, dove anche l'uomo più comune deve divenire coraggioso; è sempre ironicamente autocritico, mai autoreferenziale e le sue descrizioni dei bizzarri personaggi incontrati, delle disavventure burocratiche o degli inevitabili momenti di tensione e difficoltà sono narrati con sottile umorismo, in certi casi le sue avventure sono realmente esilaranti, anche in virtù dello stile di scrittura libero e informale.
Ironica e pungente anche l’analisi di tutti i problemi della vita su di una piccola barca a vela, certo più spartana ed essenziale di quelle che navigano oggi, ma da cui in ogni caso si possono trarre utili e attuali insegnamenti.
Per concludere un vero viaggiatore per mare, direi uno degli esempi migliori e più facili da voler prendere come modello.


domenica 7 maggio 2017

Alain Gerbault e il sogno delle isole del sud Pacifico


Considerato un eroe dalla madre patria, la Francia, che gli eresse una stele nel luogo della sua sepoltura sull'isola di Bora Bora, è scarsamente conosciuto in Italia e poco o mal considerato nel mondo anglosassone; Jean Merrien nel suo “I solitari degli oceani” - Mursia – descrive il primo giro attorno al mondo di Gerbault come quello di un dilettante, costellato da errori a cui solo la fortuna poté porre rimedio, però Gerbault ha contribuito parecchio a delineare la figura dei futuri viaggiatori a vela, e il più noto di questi fu senza dubbio Bernard Moitessier che ispirò molta della sua filosofia di vita a Alain Gerbault.
Non voglio parlare di Gerbault per le sue doti di marinaio e navigatore, ma piuttosto per il lato più idealista, intellettuale e sognatore, a volte al limite del misticismo, che hanno fatto di lui uno dei maggiori viaggiatori per mare del secolo appena trascorso. 
Aviatore, tennista professionista e raffinato esteta, Gerbault durante un suo soggiorno in Inghilterra, dove si era recato per partecipare a un torneo di tennis, vide a Soutahampton, il Fire Crest, un anziana imbarcazione da regata; s'innamorò delle sue linee fini ed eleganti e la comperò, già presagendo grandi e gloriose traversate. 
In questo fu forse anche un imitatore dell'argentino Vito Dumas, che nel 1931 acquistò in Bretagna il Sirio, una barca da regata assolutamente inadatta ad attraversare gli  oceani, Dumas però la comperò proprio  per ritornare in patria in Argentina; il Sirio costava, infatti, tanto quanto un passaggio su un piroscafo!  Gerbault e Dumas hanno almeno un altro punto in comune: prima della partenza erano entrambi totalmente a digiuno dell'arte della navigazione che appresero nel corso dei loro viaggi, le similitudini tra i due però finiscono qui.  Dumas grandissimo uomo di mare, non fu un viaggiatore, almeno nell'impresa che lo rese celebre, ossia il giro del mondo in solitario alla latitudine dei 50° (i cinquanta ruggenti), mentre Gerbault, scarso e poi semplicemente corretto marinaio fu un grande viaggiatore che contribui con i suoi scritti a diffondere la passione per il viaggio per mare e per le incantate isole del Sud Pacifico che rappresentavano per il sofisticato marinaio-viaggiatore l'ideale di un paradiso primitivo perduto.
Gerbault, estimatore della vita e delle opere di Gauguin, appassionato e attento lettore di Stevenson e London, aveva sviluppato un innamoramento per le isole del sud Pacifico, e questa fu di certo una delle molle che lo spinsero a intraprendere il suo viaggio.
Gerbault salpò da Cannes il 25 di aprile del 1925; il  Fire Crest (Cresta di Fuoco), si rivelò subito una barca pesante per un solitario non particolarmente esperto, inoltre era bassa di bordo e la navigazione divenne spesso molto bagnata, ma Alain con la perseveranza e quasi la testardaggine che sempre lo caratterizzeranno, proseguii il suo viaggio; venne accolto come un eroe a New York, prosegui poi per i tropici, passò Panamà e giunse al fine nelle isole che tanto lo colpiranno e in cui in seguito si trasferirà stabilmente. 
Fedele al programma iniziale rientrò  il 2 di agosto del 1929 trionfante a St Malò, sua città natale.
Dopo quattro anni a girovagare per mare, in cui aveva sperimentato la più totale adesione con la natura e una naturale propensione a capire e integrarsi con quelle culture tanto vicine al suo sentire, il mondo civile moderno in cui si ritrovò dopo il suo rientro, gli stava sempre più stretto.
Cedette l'anziano e ormai provato Fire Crest alla marina francese per farne una nave scuola e si fece costruire una nuova barca, più piccola, più leggera e in definitiva più marina, che con notevole immodestia battezzò col proprio nome: Alain Gerbault !
Il povero Fire Crest, sembra non avesse gradito molto l'abbandono da parte del suo armatore con cui aveva condiviso tante avventure e più di una volta rischiato di soccombere definitivamente, e  durante il rimorchio con cui avrebbe dovuto essere spostato a Cherbourg, decise di colare a picco e chiudere così i suoi giorni.
Due anni dopo essere rientrato Gerbault salpò nuovamente, questa volta, marinaio ormai maturo e su una barca più adatta del nervoso e glorioso Fire Crest, compii una navigazione assolutamente corretta fino alle Marchesi, dove si fermò in modo quasi stabile continuando però a navigare tra le isole, e scrivendo i suoi libri che molto contribuirono a creare il mito delle isole del sud negli aspiranti navigatori del vecchio continente.
Gerbault aveva fama d'essere piuttosto tirato nelle spese e di vivere con pochissimo, nonostante dalla sua precedente carriera di tennista e con la pubblicazione dei suoi libri, che riscossero un discreto successo, di certo non doveva mancare di fondi. È appurato che teneva le sue riserve sotto forma di lingotti d'oro rivestiti da una sottile pellicola di piombo confusi tra quelli della zavorra.

Almeno una volta è noto che a Papete usò le sue riserve auree come garanzia per ottenere un prestito bancario. 
Può essere questo un buon suggerimento per gli odierni viaggiatori dei mari poco fiduciosi nell'andamento dell'economia globale!
Gerbault fece naufragio nel 1941su un reef presso l'isola di Timor portoghese, raccolto esanime spirò poco dopo in un ospedale a Timor; la sua barca l'Alain Gerbault, con la sua preziosa zavorra non venne mai ritrovata.
Alla fine del conflitto mondiale la Marina francese inviò una spedizione a Timor che recuperò le spoglie del navigatore per essere poi tumulate con tutti gli onori a Bora Bora, o Pora Pora come con un affettuoso vezzo amava chiamarla Alain Gerbault.
Tutta la filosofia di vita d'Alain Gerbault è racchiusa in queste sue parole quasi profetiche:

“Benché da secoli l’uomo sia abituato a vivere schiavo della civiltà, io non sarò costretto a fare la stessa vita servile e convenzionale. Padrone della mia barca, me ne andrò attorno per il mondo, ebbro di aria, di spazio, di luce, facendo la vita semplice del marinaio, bagnando nel sole un corpo che non è stato creato per essere prigioniero delle case costruite dagli uomini. E tutto felice di aver trovato la mia strada e realizzato il mio sogno, mentre sto alla barra , recito le mie poesie preferite sul mare…”.